Oggi
Le analisi condotte sulle generazioni di giovani che si sono succedute dall'inizio degli anni 2000 hanno sottolineato una certa continuità di aspetti non del tutto confortanti: giovani smarriti, liquidi, tanto poco responsabili e cresciuti da essere addirittura infantili, ma furbi per ciò che riguarda le loro piccole esigenze, apatici, incapaci di progettare il proprio futuro, chiusi in piccoli mondi vitali, consumisti ed effimeri. Tolleranti al punto da sembrare indifferenti, disincantati, concreti e senza ideali e portati a vivere con i piedi ben saldi per terra, poco inclini a sognare, immersi nelle nuove tecnologie e in connessione permanente con reti animate da personaggi invisibili. Queste affermazioni non sono dei luoghi comuni o stravaganze lessicali: i giovani sono terribilmente diversi da coloro che li hanno preceduti, sono una generazione che nuota in una profonda incertezza esistenziale che purtroppo però lascia anche delle ferite. Proviamo a comprendere perchè questi ragazzi della seconda decade degli anni 2000 sono così, iniziamo a farlo dando uno sguardo a questo video...
Sempre meno giovani in una società con tanti vecchi. Dal 1971 al 2009 la percentuale delle persone comprese tra i 10 ed i 19 anni si è abbassata di più di 5 punti mentre quella relativa ai soggetti dai 60 anni in poi è cresciuta in maniera vertiginosa: dai 16, 7 ai 26, 3. La forte denatalità e l'allungamento della durata media della vita (oggi è di 84,6 anni per le femmine e di 79,8 per i maschi) aumenteranno sempre di più questo forte squilibrio. Le famiglie italiane sono composte perlopiù da 3 membri (i genitori ed un figlio). I ragazzi sono pertanto prevalentemente dei "figli unici". Un nuovo nato ha intorno a sé un numero di adulti decisamente maggiore di quanti non ne avesse un neonato agli inizi degli anni '60 o '70 (qualcuno dice addirittura una ventina). E' superfluo dire che questa realtà non stimola i ragazzi a crescere in fretta ma li pone in condizioni di forte protezione e di privilegi che, però, come vedremo sono del tutto apparenti.
Meno genitori ma più confusi ed incerti. Come detto si figlia di meno e lo so si fa in età più mature (alla fine dei 30 anni). Oggi i genitori degli adolescenti sono persone nate negli anni '70 dello scorso secolo, sono appartenuti a quella generazione di giovani che ha vissuto appieno la crisi post-sessantottesca: i ragazzi rifluiti nel soggettivismo, quindi nel privato, e molti sono entrati in una condizione di disagio. Con molta probabilità sono diventanti adulti non avendo ben risolto alcuni problemi personali, di certo sono rimasti centrati su se stessi e magari sono tutt'ora alla ricerca di una propria realizzazione esistenziale. Molti dei giovani di oggi sono figli di adulti problematici, o quantomeno di persone fortemente incerte rispetto ai loro ruoli educativi.
La fine dell'illusione di una società in continua evoluzione. Dal 2010 la nostra società è entrata in una drammatica crisi economica che si sta riversando inevitabilmente nelle mentalità soggettive. Siamo passati dall'idea, peraltro abbastanza strana, di una condizione sociale ed economica in continuo sviluppo alla costatazione della devoluzione e di uno stato di impoverimento generale. Di questa crisi ne stanno facendo le spese soprattutto i giovani: il tasso dei senza lavoro tra i 15 e i 24 anni è al 46%, un record mai raggiunto in Italia. Molti di questi giovani hanno ormai abbandonato la speranza di un lavoro.
Una formazione senza fine. Tradizionalmente la scolarizzazione ha preceduto l'ingresso nel mercato del lavoro, un momento questo che rappresentava una acquisizione importante per essere considerato "adulto". Dalla fine degli anni '90 si è entrati nell'epoca della formazione senza traguardi finali, la cui necessità sembra essere dettata soprattutto da ragioni ordine sociale ed economico: dilatare il più possibile i tempi di ingresso nel mercato del lavoro. In questo modo l'adolescenza, il periodo di prova e di formazione diventa uno dei più lunghi nell'arco di vita.
La stagione delle certezze infrante. La società italiana si è sempre più laicizzata ed ha abbandonato anche le idee forti del '900 per passare dapprima ad un pensiero debole e, infine, alle "convinzioni senza pensiero": vivere in maniera pratica, essere ben stabili nel presente senza lanciarsi in progetti per il futuro, vivere senza utopie e miti ma stare sul concreto, sul materiale e tangibile. E' valido e giusto tutto ciò che non si vede e si sperimenta nel qui ed ora.
I nativi digitali. Con questa definizione, dello scrittore Mark Prensky, si indica la generazione di nati dopo il 1985, anno di diffusione di massa del pc a interfaccia grafica e dei primi sistemi operativi Windows. Nel nostro paese i “nativi digitali” sono quei ragazzi nati negli anni novanta, quando le nuove teconologie: telefonini, computer, internet sono entrati nella vita degli italiani. Tali strumenti hanno cambiato in parte i rapporti tra i giovani e stanno mutando anche gli stili di pensiero.
Tutto ciò si riversa e si palesa nel vissuto dei nostri adolescenti che appaiono infantili, poco responsabili, incapaci di indirizzare e dirigere la propria vita, tanto concreti da sembrare cinici, furbi, ma nello stesso momento molto confusi, fragili e con un grande senso di solitudine e di vuoto.